Reportage
Dietro la vetrina, un viaggio in Nepal alle radici di Kam For Sud
© A.B
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Andrea Scolari
un anno fa
Due settimane di viaggio nella valle di Kathmandu per conoscere da vicino i partner e i progetti di Kam For Sud. La co-fondatrice della ONG: "Un’esperienza che ha permesso ai volontari di sentirsi ancora più profondamente parte integrante di questo movimento solidale collettivo". Ecco il reportage sul viaggio avvenuto nelle scorse settimane.

Da un viaggio si possono portare a casa souvenir, regali, momenti immortalati dalla propria macchina fotografica. Ma anche la consapevolezza di essere parte attiva di un progetto, portando con sé la testimonianza di quanto vissuto in prima persona. L’occasione per farlo è arrivata con un viaggio in Nepal al quale ho preso parte nelle scorse settimane insieme a un gruppo di sostenitori e volontari di Kam For Sud, ONG ticinese fondata nel 1998 con l’obiettivo di creare un ponte tra Svizzera e Nepal, per uno sviluppo sostenibile nel campo dell’educazione, della salute, dell’ecologia e per la protezione dell’infanzia. Non è stata una vacanza turistica, ma un viaggio più profondo, con un’ideale che legava tutti i partecipanti. “Un’esperienza che ha permesso ai volontari di sentirsi ancora più profondamente parte integrante di questo movimento solidale collettivo”, commenta Silvia Lafranchi Pittet, co-fondatrice di Kam For Sud. “Quando si conoscono personalmente i collaboratori che lavorano in Nepal, i bambini e i ragazzi sostenuti dall’associazione, i produttori e la realtà quotidiana dei progetti, non ci si sente più solo una persona che nel tempo libero dà una mano a una ONG, ma ci si sente parte di qualcosa di più grande che, grazie al contributo di tutti, genera molte realtà positive”. 

L’importanza del lavoro “dietro le quinte”

Durante la permanenza in Nepal, oltre ai luoghi storico-culturali, siamo andati a visitare i progetti in loco di Kam For Sud e i produttori dai quali vengono acquistati i prodotti che si possono acquistare al Bazaar di Locarno e alla Bazaar-Boutique di Lugano.

Ora potrò portare ai clienti la mia testimonianza. Ha tutto un senso più profondo adesso

“Ora potete vedere da dove arriva la merce, conoscere i produttori e i lavoratori, capire quali sono le condizioni di lavoro e toccare con mano il frutto dei progetti portati avanti anche grazie al vostro sostegno”, ha spiegato Rajan Shrestha, coordinatore della ONG in Nepal. Luisa Soldati, responsabile dei bazaar ticinesi dell’Associazione che si reca regolarmente in Nepal per fare acquisti, ha sottolineato come sia importante che le collaboratrici di vendita vedano cosa c’è dietro la vetrina e gli scaffali, poiché questo permette una presa di coscienza della realtà, molto utile per chi lavora in negozio. “Quando sarò di turno alla bazaar boutique di Lugano ora potrò portare ai clienti la mia testimonianza, raccontando quello che ho visto e sentito. Ha tutto un senso più profondo adesso”, mi ha confidato una volontaria. 

L’orfanotrofio-fattoria di Tathali

Un tragitto in furgone di una mezz’oretta circa ci porta fuori dal caos cittadino. Attraversiamo Kathmandu e superiamo Bhaktaphur. Fuori dal finestrino inizia ad essere tutto più verde, un ambiente più agricolo e meno urbano. Superiamo un cancello e parcheggiamo in un prato che più tardi scopriremo essere un campo da calcio. Ci vengono incontro festosi i bambini e i ragazzi dell’orfanotrofio-fattoria di Tathali, costruito da Kam For Sud 14 anni fa. Per loro questo è un giorno doppiamente di festa: in Nepal il sabato è il giorno festivo della settimana e per i loro ospiti hanno preparato un pranzo speciale e uno spettacolo.

Qui cerchiamo di dare ai bambini una stabilità, l'affetto di una famiglia e la possibilità di andare a scuola

“Questa struttura è destinata ai bambini che non hanno più nessuno. Qui cerchiamo di dare loro una stabilità, l’affetto di una famiglia e la possibilità di andare a scuola”, ci ha spiegato Michele Passardi, vicepresidente di Kam For Sud, non appena scesi dal furgone. Ragazzini che, a un certo punto nella loro infanzia, non avevano più nessuno a prendersi cura di loro, ma che qui sfoderano un sorriso e un’energia vitale contagiosi, che fanno pensare che il loro passato traumatico ha potuto essere elaborato e superato nella loro nuova grande e accogliente famiglia. Ognuna delle tre case è governata da una coppia di genitori nepalesi e può ospitare al massimo una ventina di bambini. Ma l’orfanotrofio-fattoria di Tathali è anche un progetto che mira all’autonomia alimentare ed energetica basato sul principio della sostenibilità: “Grazie agli orti biologici si riesce a coprire il 70% del fabbisogno alimentare della struttura, l’acqua calda sanitaria è prodotta mediante energia solare diretta mentre i pannelli fotovoltaici assicurano energia elettrica costante. Due delle tre cucine funzionano con il biogas autoprodotto, mentre le acque luride sono purificate da un sistema biologico e sono successivamente utilizzate per l’irrigazione dei campi. Anche l’acqua piovana è raccolta in una cisterna sotterranea, allo stesso scopo”, ci spiega ancora Michele Passardi. 

Il centro diurno Rodec

La vita può essere ardua anche per quei bambini che una famiglia o un parente invece ce l’hanno, ma sono lasciati a loro stessi dall’alba al tramonto perché la misera paga dei genitori non riesce a coprire il fabbisogno famigliare, né tantomeno la retta scolastica. Questi bambini sono accolti presso il centro diurno “Rodec” che si trova a Kathmandu, in uno dei quartieri più poveri della città. Ci arriviamo a piedi, dopo essere stati ospiti di Dhrubesh Regmi, virtuoso sitarista nepalese e membro di comitato di Kam For Sud Nepal. “I bambini sono iscritti a una buona scuola e accolti al centro prima e dopo le lezioni. Qui ricevono un pasto completo al mattino, la merenda e un accompagnamento nello svolgimento dei compiti e di attività ludiche”, spiega la co-fondatrice. I responsabili del centro svolgono inoltre un lavoro di sensibilizzazione con le famiglie a proposito di igiene e alimentazione, nonché piccole attività di microcredito. La struttura può accogliere una cinquantina di bambini e ragazzi fino a 14 anni, dopodiché il sostegno scolastico continua sotto forma di padrinato, a seconda dell’interesse dei ragazzi anche fino al raggiungimento di titoli di studio superiori. 

Newa Chen, prova del nove per la guest house sociale

Lo scorso mese di ottobre a Patan, nella zona sud di Kathmandu, ha aperto il “Newa Chen Historic Guest House”, albergo gestito da Kam For Sud come “impresa sociale”, poiché tutto il guadagno è reinvestito a sostegno dell’orfanotrofio-fattoria di Tathali. Al “Newa Chen” i ragazzi grandi, cresciuti a Tathali o presso il centro diurno, possono imparare una professione ed entrare così nel mondo del lavoro, con la consapevolezza e la soddisfazione di lavorare anche per i loro fratelli e sorelle più piccoli. Come Shanti Shrestha, oggi manager della struttura, ieri una delle prime bambine orfane aiutate dalla ONG grazie a un padrinato. Durante il viaggio il “Newa Chen” ha rappresentato la nostra base, abbiamo soggiornato lì anche con lo scopo di mettere alla prova il personale, per la prima volta alle prese con il “tutto esaurito”, saggiando i servizi della struttura.

Dopo quattro mesi di rodaggio, mercoledì 8 febbraio alle 15 (data e orario non casuali, ma scelti dall’astrologo perché di buon auspicio per il futuro dell’attività) l’albergo sociale è stato inaugurato anche formalmente, alla presenza dei proprietari dell’edificio, dell’architetta, di parte del Comitato di Kam For Sud Svizzera e dei suoi omologhi nepalesi. Per gestire il Newa Chen, Kam For Sud Nepal ha fondato la “Social Entreprise”, perché “in Nepal una ONG non può gestire un’attività commerciale. I proventi possono quindi essere reinvestiti nella guest house o in altri progetti a scopo sociale”, ha spiegato Silvia Lafranchi Pittet.

“Wear With Ease”, il brand che rispetta lavoratori e ambiente

“Proporre una nuova marca nel mondo della moda non è facile, ma promuovere condizioni di lavoro e salari dignitosi ci sembra fondamentale nel contesto attuale. Il nostro vantaggio è quello di disporre già di due negozi in Ticino (anche questi “imprese sociali”), ma lavoriamo anche con partner terzi, nella speranza di diffondere questo modello produttivo sostenibile, in un settore nel quale lo sfruttamento della manodopera e delle risorse naturali è purtroppo ancora la prassi”. Silvia Lafranchi Pittet ci parla di “Wear With Ease”, il marchio di moda etica di Kam For Sud che propone una linea di abiti e accessori naturali, tracciabili dalla raccolta della materia prima sino al prodotto finale, lavorati da esperti artigiani nepalesi in fabbriche dove il rispetto per i lavoratori e l’ambiente sono al primo posto. 

Per più informazioni: www.kamforsud.org