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Crisi coronavirus e futuro della cooperazione allo sviluppo

Un giovane trascina un carretto con sopra delle ruote e un altro lo spinge.
Un giovane nello Zimbabwe trascina un carretto. Il lockdown per la pandemia di coronavirus costringe molte persone a cercare nuovi modi per guadagnarsi da vivere. Keystone / Aaron Ufumeli

La crisi del coronavirus condiziona il dibattito parlamentare sulla strategia svizzera in materia di cooperazione internazionale: gli uni vorrebbero aumentare i finanziamenti per i Paesi in crisi, mentre gli altri preferirebbero utilizzare il denaro a livello nazionale in relazione all'impatto della pandemia di Covid-19 e delle relative restrizioni.

Il governo svizzero, in futuro, vuole focalizzare maggiormente la cooperazione allo sviluppo, per rafforzarne l’efficacia. Un cambiamento di rotta che l’esecutivo propone nel messaggio sulla strategia di cooperazione internazionale 2021-2024.

Per la sua attuazione, chiede al parlamento di stanziare poco più di 11 miliardi di franchi, come nel periodo precedente.

Ogni quattro anni, il governo e il parlamento elvetici determinano l’orientamento strategico della cooperazione internazionale (CI). Per il quadriennio 2021-2024, il governo ha fissato le seguenti priorità tematiche: la creazione di posti di lavoro dignitosi in loco, la lotta contro i cambiamenti climatici, la riduzione delle cause dello sfollamento forzato e della migrazione irregolare e l’impegno per lo Stato di diritto. L’esecutivo intende focalizzarsi di più geograficamente e coinvolgere maggiormente l’economia privata. Il parlamento discute le proposte governative nel corso della sessione corrente.

I dibattiti parlamentari sulla nuova strategia si svolgono proprio nel bel mezzo della crisi del coronavirus. Ciò ha inevitabilmente delle conseguenze. Questo è già stato evidente durante il dibattito sull’aumento dell’aiuto internazionale a causa della crisi del coronavirus (vedi finestrella): mentre i partiti di sinistra chiedevano di raddoppiare il credito per l’aiuto umanitario alla luce della crisi, l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) voleva stralciare completamente tutti i crediti.

Le conseguenze economiche della pandemia di coronavirus hanno colpito in modo particolarmente duro i paesi in via di sviluppo. Il Consiglio federale ha pertanto sollecitato fondi per aumentare l’aiuto internazionale. Il parlamento nella sessione estiva ha approvato un prestito di 200 milioni di franchi al Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), crediti supplementari di 50,5 milioni di franchi per l’aiuto umanitario e 57 milioni di franchi per la cooperazione multilaterale allo sviluppo, nonché 25 milioni di franchi per il in caso di catastrofe del Fondo monetario internazionale (FMI).

In un comunicato stampaCollegamento esterno, l’UDC scrive: “Adesso è in primo luogo la gente in Svizzera ad avere bisogno di aiuto”. Considerati il numero elevato di salariati ora costretti a lavorare a tempo parziale o che hanno perso completamente il posto di lavoro e il previsto tasso di disoccupazione del 7%, secondo l’UDC, il Consiglio federale dovrebbe innanzitutto sostenere la popolazione svizzera, invece di elargire centinaia di milioni di franchi all’estero.

volto di un uomo sorridente
Fritz Brugger. ZVG

“Questa reazione era prevedibile”, commenta Fritz Brugger, economista e professore al NADEL, il Centro per lo sviluppo e la cooperazione del Politecnico federale di Zurigo. Lo specialista ha lavorato per molti anni nella cooperazione allo sviluppo, dapprima per delle organizzazioni, poi come consulente per la gestione delle acque, l’agricoltura e la responsabilità aziendale. “Dobbiamo certamente riflettere su come finanziare il grande pacchetto di salvataggio in Svizzera. Quando sono in gioco risparmi, da varie posizioni politiche si guarda sempre alla cooperazione allo sviluppo come prima vittima da sacrificare “.

Anche un’opportunità

Secondo Brugger, però, il fatto che il dibattito sull’orientamento strategico della cooperazione internazionale per i prossimi quattro anni capiti proprio nel mezzo della crisi del coronavirus è anche un’opportunità. “La crisi ha dimostrato che una pandemia non si ferma alle frontiere. Questo significa che dobbiamo lavorare insieme”. Egli spera che questa visione rafforzi la cooperazione multilaterale.

E aggiunge: “Il fatto che questa volta ci troviamo di fronte a una crisi globale offre l’occasione di avere maggiore attenzione. L’epidemia di Ebola nei Paesi dell’Africa occidentale non è stata quasi mai presa seriamente in considerazione da noi”, dice Brugger. La crisi ha anche evidenziato che il nostro benessere dipende direttamente dal benessere degli altri Paesi. “Non è quindi nel nostro interesse lasciare altri Paesi in condizioni di povertà”. Inoltre, prosegue, è solo questione di tempo prima che da noi si presenti un’altra pandemia o un’altra sfida globale.

Nel corso della sessione estiva, il parlamento svizzero esamina un aumento di capitale del Gruppo della Banca mondiale e della Banca africana di sviluppo, nonché la strategia di cooperazione internazionale 2021-2024 e la strategia di politica estera 2020-2023.

Infine, ma non meno importante, la pandemia di Covid-19 ha messo in luce la difficile posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). “Poiché l’OMS dipende dai contributi degli Stati, quando si tratta di rispondere a un’epidemia o a una pandemia, si è sempre su un terreno diplomatico minato. Nei rapporti con la Cina e gli Stati Uniti ora vediamo quanto sia fragile l’equilibrio in cui deve muoversi l’OMS. La pandemia dimostra che abbiamo bisogno di un’OMS autonoma, con finanziamenti indipendenti e sicuri, in modo che possa svolgere il suo ruolo di guida, soprattutto in tempi di crisi”.

Altri sviluppi

Aiuto d’emergenza o sostegno a lungo termine?

La reazione immediata del Consiglio federale con lo stanziamento di crediti (vedi finestrella), come pure le discussioni preliminari in seno alle commissioni hanno dimostrato che gli investimenti immediati nell’aiuto umanitario o nell’aiuto in caso di catastrofe sono meno controversi degli investimenti a lungo termine nella cooperazione allo sviluppo.

“Questa è una tendenza generale”, osserva Brugger. “L’aiuto a breve termine è indiscutibilmente necessario. Ma non può andare a scapito di una cooperazione a lungo termine. Questa è necessaria per affrontare le cause sistemiche soggiacenti. Nel caso della pandemia di Covid-19, ad esempio, il rafforzamento del sistema sanitario o lo sviluppo delle reti di sicurezza sociale”.

Come proseguirà?

In che modo la crisi del coronavirus cambierà la cooperazione allo sviluppo? “È una domanda difficile. Al momento, tutto è pura speculazione”, risponde Brugger. A suo parere, sarebbe auspicabile che la crisi portasse a comprendere che oggi lo sviluppo sostenibile può essere affrontato solo a livello globale.

Tuttavia, la crisi potrebbe anche portare a una situazione in cui i Paesi si concentrano nuovamente su se stessi. Soprattutto all’inizio della crisi, c’era una certa tendenza all’isolamento. Anche in Svizzera il think tank liberale Avenir Suisse mette in guardia contro la rinazionalizzazione.

Secondo Brugger, attualmente ci sono segnali in entrambe le direzioni. “Sono tendenzialmente ottimista sul fatto che venga riconosciuta l’importanza dell’approccio multilaterale”.

Riguardo alla Svizzera, Brugger auspica un po’ più di coraggio: “La Svizzera dovrebbe avere interesse a svolgere un ruolo attivo e a spingersi più in avanti”, dice Brugger, riferendosi in particolare all’OMS, per la cui indipendenza la Svizzera dovrebbe impegnarsi. “La Svizzera interviene raramente con toni forti, il che va bene. Ma dovrebbe pensare al futuro in modo visionario, in collaborazione con i Paesi che hanno le stesse vedute.

Sonia Fenazzi

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