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L’autocritica del Fondo monetario internazionale

di Pietro Veglio

  • 14 ottobre 2016, 14:20
L’autocritica del Fondo monetario internazionale
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Venerdì 14 ottobre 2016 alle 12:20

L’autocritica del Fondo monetario internazionale

Plusvalore 14.10.2016, 14:20

La rivista Finance & Development del Fondo monetario internazionale ha pubblicato recentemente un’interessante critica delle politiche economiche neoliberali redatta da tre autorevoli rappresentanti di questa istituzione. Interessante anche perché chi la esprime non è di sinistra né di orientamento populista.

Gli autori sottolineano che le politiche neoliberali hanno favorito l’espansione del commercio internazionale e la diminuzione della povertà globale, l’intensificazione degli investimenti diretti esteri e il trasferimento di nuove tecnologie cosi come la privatizzazione di imprese pubbliche deficitarie. Ma la loro analisi identifica due politiche economiche il cui impatto macroeconomico si è rivelato criticabile. Si tratta della/e: a) liberalizzazione dei flussi di capitale esteri; b) misure di austerità nella gestione delle finanze pubbliche con l’obiettivo di ridurre il deficit di bilancio e l’indebitamento. L’analisi empirica dell’impatto su parecchi paesi che le hanno applicate ha permesso di concludere che: i) l’effetto sulla crescita economica è controverso; ii) l’aumento delle disuguaglianze nella distribuzione dei redditi è elevato; iii) tali disuguaglianze hanno avuto un effetto negativo su livello e sostenibilità della crescita.

La teoria economica liberale ritiene che i vantaggi derivanti dalla liberalizzazione dei flussi di capitale siano indubbi. La ricerca del Fondo monetario dimostra invece che alcuni flussi, in particolare gli investimenti privati diretti, hanno generalmente un impatto positivo sulla crescita a lunga scadenza mentre che quello di altri flussi, vedi quelli speculativi e a corta scadenza, non è per niente positivo. I benefici dei flussi di capitale dipendono quindi dalla loro tipologia e dalla specificità delle politiche e delle istituzioni che li gestiscono. Esiste un alto rischio di volatilità dei flussi a corta scadenza nel caso di crisi finanziarie, come la crisi dei subprime del 2008 ha dimostrato. Di conseguenza i controlli dei flussi di capitale a corta scadenza sono non solo giustificati ma costituiscono un’alternativa valida nel caso di boom creditizio causato dalla concessione di troppi prestiti esteri.

Quanto alle misure di austerità gli autori ammettono che in parecchi paesi, in primis la Grecia, il consolidamento fiscale sia un’opzione indispensabile perché altrimenti i mercati finanziari bloccherebbero la concessione di nuovi finanziamenti essenziali. Ma l’analisi del Fondo monetario dimostra che la ricetta del consolidamento fiscale non dovrebbe applicarsi a tutti i paesi e, in ogni caso, non secondo le stesse modalità d’intervento. Perché il costo sociale di un aumento delle tasse o di un taglio della spesa pubblica per diminuire il peso del debito estero potrebbe superare quello della riduzione del rischio derivante da un minore livello di indebitamento.

In sintesi: i responsabili delle politiche economiche nazionali ed il Fondo monetario non dovrebbero ispirarsi dai dogmi economici ma solo dall’evidenza dei risultati concreti raggiunti dalle politiche economiche. Un esempio? Stanco del tergiversare europeo sull’inevitabile taglio del debito estero ellenico, il Fondo monetario avrebbe deciso di non mettere più soldi nel salvataggio della Grecia e di limitarsi ad un ruolo di consulente.

L’autocritica del Fondo monetario inciterà l’Unione europea ad essere altrettanto autocritica? Sarebbe ora.

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