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Fondo monetario internazionale: il caso della Grecia

di Pietro Veglio

  • 3 maggio 2017, 14:20
Prokopios Pavlopoulos

Prokopios Pavlopoulos, presidente della Grecia

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Mercoledì 03 maggio 2017 alle 12:20

Da ormai più di un anno il Fondo monetario internazionale (FMI) ripete che non è disposto a partecipare al terzo piano di salvataggio finanziario della Grecia, a meno che i Paesi della zona euro accettino di alleggerire sostanzialmente l’esorbitante debito estero ellenico. Il pomo della discordia fra FMI - sostenuto da alcuni fra i suoi più importanti Paesi-membri - e Paesi dell’eurozona è evidenziato dal profondo disaccordo sull’obiettivo dell’eccedenza di bilancio che la Grecia dovrebbe raggiungere in modo regolare e sostenibile nel prossimo decennio. Un obiettivo di eccedente fiscale primario (ovvero, prima della deduzione di ammortamenti e interessi accumulati sul debito estero) che l’FMI vorrebbe fissare ad un ambizioso ma verosimile 1,5% del PIL mentre l’eurozona propone un irrealizzabile 3%.

Il disaccordo sulle cifre rispecchia giudizi contrastanti sulle prospettive di crescita dell’economia ellenica. Da alcuni anni l’FMI ritiene infatti che la politica d’austerità che l’eurozona ha prescritto alla Grecia fra il 2010 ed il 2016 nell’ambito dei successivi piani di salvataggio miliardari supportati dalla Facilità europea per la stabilità finanziaria, la Banca centrale europea e appunto l’FMI non è sufficientemente realista e mette in pericolo una ripresa economica sostenibile. E preconizza chiaramente un alleggerimento del debito estero ellenico, debito che nella misura dell’80% è stato contratto con creditori europei, in particolare banche tedesche e francesi. All’interno del consiglio direttivo dell’FMI questa posizione è condivisa da Stati Uniti, Cina, Brasile, Argentina, India ed Africa del Sud mentre anche la Svizzera ha espresso preoccupazioni sulla sostenibilità del debito estero ellenico. La posizione dell’FMI è invece stata avversata dall’eurozona, in particolare da Germania e Francia, i due Paesi che dovrebbero contribuire maggiormente all’alleggerimento del debito della Grecia. Dimenticando che quando un debitore non è in grado di rimborsare i debiti contratti, il creditore ne è corresponsabile.

Per l’Europa il rinnovato coinvolgimento dell’FMI nel difficile salvataggio della Grecia è vitale politicamente. I parlamenti di Germania, Paesi Bassi e Finlandia hanno infatti deciso che la loro partecipazione finanziaria ad un nuovo pacchetto di aiuti finanziarie è subordinata a quella dell’FMI. Mentre all’interno dell’FMI si fa notare che la Grecia ha già ottenuto un trattamento privilegiato che preoccupa numerosi Paesi in sviluppo ed emergenti che nel passato hanno dovuto ricorrere all’FMI senza beneficiare di favoritismo. Per esempio, i 30 miliardi di Euro concessi dall’FMI alla Grecia nel 2010 furono ben 30 volte superiori alla quota di partecipazione della Grecia al capitale dell’istituzione multilaterale. Un prestito fra i più elevati nella storia di questa istituzione. Questi Paesi ritengono ora che l’eurozona dovrebbe fronteggiare da sola la crisi economica greca ed assumersi le proprie responsabilità.

Un compromesso è ancora possibile? Ci si sta lavorando con il coinvolgimento del governo greco, più che mai deciso a non lasciare l’eurozona. Governo però purtroppo incapace di imporre misure di austerità simmetriche che colpiscano anche i grossi gruppi di interessi nazionali – dai ricchi armatori, agli evasori fiscali, ai politici abituati ad utilizzare lo Stato per i propri interessi – che vogliono mantenere i propri privilegi di casta. L’esito della disputa è ancora incerto.

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