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Sudafrica: immensa sfida per il nuovo Presidente

di Pietro Veglio

  • 7 marzo 2018, 13:20
Keystone Presidente Zuma

Presidente Zuma

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Mercoledì 07 marzo 2018 alle 12:20

La recente crisi politica sudafricana che ha causato le dimissioni dell’ex-presidente Zuma e la sua sostituzione con il vice-presidente Ramaphosa dimostra che i problemi del Paese hanno radici profonde. La crisi dipende chiaramente dal collasso dell’African national congress (Anc) – il partito al potere – e dalla corruzione di Zuma e dei suoi sostenitori. Ma le conseguenze della crisi per il Paese e anche per l’Africa sono notevoli dato che il Sudafrica post-apartheid costituiva un modello ed è tuttora una delle maggiori economie emergenti. Tuttavia, complice la poco gloriosa conduzione politica ed economica di Zuma, il Sudafrica non è più quel faro di speranza per tutto il continente africano che fu due decenni fa.

Ramaphosa affronta una immensa sfida per ridare credibilità all’Anc, liberandosi da quegli elementi dell’élite nera che si è arricchita grazie all’accesso privilegiato alle ingenti commesse statali. È vero che il Sudafrica non è uno stato fallimentare come per esempio Zimbabwe o Congo. Nel contempo mostra però alcuni stereotipi tipici del sottosviluppo africano: decadenza delle élites sullo sfondo di una povertà diffusa ed enormi disuguaglianze sociali; accaparramento delle risorse pubbliche; e qualità scadente dell’educazione e salute pubblica così come della gestione dell’acqua potabile, come dimostrato dalla grave crisi che colpisce attualmente Città del Capo.

Dopo un decennio di malgoverno, avidità politica, corruzione e progressivo smantellamento di varie istituzioni-chiave come la procura pubblica, la polizia e l’ente per l’amministrazione e la gestione delle entrate fiscali, rilanciare l’economia rappresenta un compito formidabile. Il Sudafrica è confrontato con una disoccupazione ufficiale del 27%, in realtà superiore al 30% a livello di disoccupazione giovanile. 17 milioni di persone - 1/3 della popolazione - sopravvivono grazie all’assistenza pubblica. Il debito pubblico è lievitato e le principali agenzie internazionali che valutano il cosiddetto rischio-paese ritengono che il rischio di insolvenza sia elevato. E la crescita annuale del PIL è solo dell’1%. Infine, l’economia delle aree urbane è assai sviluppata ma con poche connessioni con l’hinterland. Finora lo sviluppo urbano era considerato prioritario nella speranza che stimolasse lo sviluppo dell’hinterland. Ma questo non ha funzionato.

Per creare nuovi posti di lavoro Ramaphosa intende lanciare un programma di emergenza economica creando zone economiche a statuto speciale e con incentivi fiscali nelle aree portuali per la produzione di manufatti destinati all’export. Gli ottimi rapporti di Ramaphosa con vari investitori esteri potrebbero rilevarsi paganti. Parallelamente il rand sudafricano dovrà essere svalutato per rendere più competitive le esportazioni. Ciò stimolerebbe lo sviluppo di tre settori prioritari e particolarmente intensivi nell’utilizzo di manodopera: miniere, agricoltura e turismo, cosi come la fornitura di servizi specializzati per imprese multinazionali sfruttando la differenza nei fusi orari con l’Occidente.

Il successo del programma economico dipenderà anche da un dosaggio equilibrato fra l’inevitabile rigore fiscale e l’aumento mirato della spesa pubblica, in particolare per educazione e salute.

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